Impianti a fonte rinnovabile

Progettazione di impianti a fonti rinnovabili per aumentare l’efficienza energetica

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È importante capire perché oggi sia fondamentale produrre energia con impianti a fonti rinnovabili.


Le fonti energetiche tradizionali, cioè il carbone, il petrolio, i gas naturali, non sono infiniti, ma si stanno rapidamente esaurendo, oltre a inquinare il pianeta.

Per Savesystems al contrario è necessario puntare sulla sostenibilità, con fonti che non finiscono mai, come il sole e il vento, per sviluppare impianti basati sulla sostenibilità, l’innovazione e l’efficienza energetica. Solo in questo modo si può generare un’energia pulita nel rispetto dell’ambiente, per una scelta green in continuo sviluppo.

Impianti idroelettrici


Anche le centrali idroelettriche sono una fonte di energia rinnovabile. Sono infatti costituite da un insieme di opere di ingegneria idraulica e il loro funzionamento si basa sulla capacità di trasformare l’energia cinetica, che viene generata grazie allo sfruttamento delle masse d’acqua, in energia elettrica, per poi raccoglierla e distribuirla.


Inoltre le centrali idroelettriche sono impianti a fonti rinnovabili assai flessibili, in quanto possono essere utilizzate sia per produrre energia per uso domestico e privato, ma anche da imprese ed enti pubblici.

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    La potenza delle centrali idroelettriche può essere classificata in base al salto dell’acqua o in base alla portata (la quantità d’acqua che scorre nei canali e attraverso la turbina). La terza categoria di classificazione è quella in base alla quantità di energia che sono in grado di produrre. Gli impianti delle centrali si suddividono perciò in: micro (Potenza < 100 kW), mini (P < 1.000 kW), piccoli (P < 10.000 kW) e grandi (P > 10.000 kW).

    Attualmente il maggior impiego delle centrali idroelettriche è quello che viene fatto su piccola scala, con in micro o mini impianti.

    Come funzionano

    Solitamente viene costruito a monte un bacino artificiale, grazie ad una diga che forma uno sbarramento e non permette al flusso naturale di un fiume di scendere a valle, oppure possono essere utilizzati bacini naturali (come i laghi). Il bacino che viene a formarsi è denominato bacino di raccolta, e il livello d’acqua al suo interno tende ad essere mantenuto sempre costante. Grazie a delle condotte forzate l’acqua viene fatta scendere a valle, dove è collocato un impianto contenente le turbine idroelettriche e un alternatore. L’acqua, filtrando all’interno delle turbine, ne aziona il movimento. È qui che l’energia cinetica, generata dalla rotazione di questi strumenti meccanici, viene trasformata in energia elettrica, grazie appunto all’alternatore. L’energia passa poi attraverso un trasformatore, che ha il compito di abbassarne l’intensità alzandone però la tensione, ed è a questo punto che l’energia elettrica può essere distribuita.

    L’acqua che scende a valle viene talvolta raccolta in un bacino apposito e, grazie ad un sistema di pompaggio, viene fatta risalire nel bacino collocato a monte, in modo da riempirlo nuovamente in breve tempo e poter sfruttare l’acqua per produrre più energia.

    Esistono tre diversi tipi di centrali idroelettriche:

    • Centrali ad acqua fluente: sono centrali che sfruttano la portata naturale del fiume. L’acqua che scorre entra nella turbina che, ruotando, produce energia elettrica;

    • Centrali a bacino: quando viene creato un bacino di raccolta, bloccato da una diga, oppure quando vengono utilizzati bacini naturali già esistenti, come i laghi. Grazie a dei canali forzati, l’acqua scorre verso le turbine e viene prodotta energia. Questa tipologia è molto utile perché l’acqua può essere dosata a seconda dell’esigenza, diversamente dalle centrali ad acqua fluente;

    • Centrali ad accumulazione: hanno un bacino di raccolta anche a valle. Di notte, quando il bisogno di energia elettrica è minore, grazie ad un sistema di pompaggio, l’acqua viene riportata nel bacino di raccolta per generare maggior energia elettrica il giorno seguente.

    Anche le tipologie di turbine che vengono impiegate sono varie, comunemente le più utilizzate sono:

    • Turbina Francis: utilizzata maggiormente per le centrali con altezze medie di caduta;

    • Turbina Kaplan: come la Francis viene utilizzata per le altezze medie;

    • Turbina Pelton: trova il suo impiego negli impianti con caduta alta;

    • Crossflow: viene utilizzata principalmente in impianti di piccola potenza.


  • impianti eolici

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Impianti eolici


Grazie agli impianti eolici è possibile sfruttare l’energia del vento trasformandola in energia elettrica. I generatori eolici sono costituiti essenzialmente da tre componenti fondamentali, ovvero:


  • il rotore o turbina eolica: è composto dalle pale, realizzate solitamente in fibra di vetro, che sono collegate ad un mozzo;
  • la navicella o gondola, posta sulla cima della torre. Contiene i sistemi di trasformazione (moltiplicatore di giri e generatore elettrico) e di controllo della macchina;
  • la torre, che ha il compito di sostenere il rotore e la navicella e di resistere a tutte le sollecitazioni.



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    Il funzionamento di un generatore eolico è abbastanza semplice: le pale iniziano a ruotare sotto la forza del vento quando raggiunge la velocità minima di avvio (questo parametro dipende dalla taglia dell’impianto e può variare da minimo 2-3 m/sec per quelli di piccola taglia e 5-6m/sec per quelli più grandi); la rotazione viene poi trasferita, attraverso un apposito sistema meccanico di moltiplicatore di giri, ad un generatore elettrico che trasforma l’energia meccanica prodotta dal vento in energia elettrica. Infine l’energia prodotta viene prima regolata, con l’utilizzo di un trasformatore, ad un livello di tensione superiore adeguato e poi immessa nella rete elettrica nazionali.

    Tutti i generatori eolici hanno una soglia massima di velocità del vento tollerata e, oltre questa soglia, il generatore smette di produrre energia mettendosi in sicurezza per evitare danni alle componenti meccaniche.

    Essendo il vento una fonte di energia non costante e quindi non programmabile, nella fase di studio e progettazione di un impianto eolico, per valutare la portata dell’investimento e i tempi di rientro della spesa sostenuta, bisogna effettuare uno studio di fattibilità dell’intervento che prevede lo studio della ventosità del sito di installazione.

    Nel caso di impianti eolici di media/grande potenza vengono generalmente effettuate delle campagne anemometriche: sul sito di installazione viene posizionato un anemometro, che registra la forza e le direzioni dei venti che soffiano per tutta la durata della campagna (che può durare dai 6 mesi a 1 anno e mezzo).

    Per gli impianti eolici di piccola/media potenza, essendo una campagna anemometrica lunga e dispendiosa, per determinare se il sito di installazione è adatto per sfruttare questa tecnologia è possibile consultare l’Atlante Eolico Interattivo, una mappa del vento che permette un’analisi dettagliata delle caratteristiche eoliche di tutto il territorio italiano, offrendo la possibilità di ottimizzare le scelte di collocamento dei nuovi impianti eolici.

    Con questo software è possibile focalizzare l’attenzione su ogni singolo comune e, per esso, calcolare sia la velocità media annua del vento, alle diverse quote da terra, che la capacità di generare energia. L’Atlante, infatti, è dotato anche una mappa della producibilità specifica, nella quale sono indicate il numero di ore annue in cui l’impianto lavora alla massima potenza.

    Classificazione e tipologie di impianti eolici

    Ci sono varie classificazioni per gli impianti eolici in base al sito di installazione, alla tecnologia utilizzata e alla potenza dell’impianto.

    Gli impianti eolici, in base al sito di installazione, si suddividono in:

    • On-Shore: sono gli impianti che tutti conoscono e sono i più diffusi in assoluto, ossia installati sulla terra ferma;

    • Off–Shore: sono gli impianti installati al largo dei mari. Questi impianti sono meno diffusi dati i costi più elevati rispetto agli impianti on-shore, ma possono arrivare fino al 30% in più di produzione grazie ai venti che soffiano che risultano essere forti e costanti.


Cogenerazione


Per cogenerazione si intende la produzione combinata di energia elettrica e calore. Queste due forme di energia vengono prodotte in cascata, in un unico impianto.


I sistemi di cogenerazione vengono anche detti CHP, dall’acronimo inglese Combined Heat and Power. Se un’utenza richiede contemporaneamente energia elettrica ed energia termica, anziché installare una caldaia e acquistare energia elettrica dalla rete, si può pensare di realizzare un sistema, l’impianto cogenerativo, che produca sia energia elettrica che energia termica.


E’ intuitivo come questo sistema possa produrre un risparmio energetico determinato dal minor consumo di combustibile.

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    Sempre in termini semplificati, un impianto di cogenerazione funziona grazie a

    • un “motore primo” (che può essere alimentato in vari modi)

    • un generatore elettrico che, mosso dall’impianto motore, converte l’energia meccanica in elettricità,

    • degli scambiatori di calore, che svolgono la funzione di recupero del calore.

    Tutte le tipologie fondamentali di impianti di cogenerazione si differenziano per il tipo di “motore primo” adottato. I più utilizzati e consolidati sono:

    • motori a combustione interna

    • turbine a gas

    • turbine a vapore

    • impianti a ciclo combinato turbina a gas/turbina a vapore

    Gli ultimi 2 danno origine a impianti di potenza elevata e vengono quindi usati quasi esclusivamente per applicazioni industriali, mentre i motori a combustione interna e le turbine a gas trovano applicazione sia su impianti di potenza elevata che su sistemi di mini e micro-cogenerazione.

    Tipologie di “motore primo” più moderne ma ancora in evoluzione sono:

    • i turbogeneratori ORC

    • le microturbine

    • gli impianti con celle a combustibile (fuel-cells)

    • gli impianti con motori Stirling.



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